Il presbiterio e le navate
Il presbiterio è definito da una balaustra marmorea eseguita durante l'episcopato di Antonino Sersale (1743-50) che pure commise al napoletano Aniello Gentile il rifacimento degli altari nelle cappelle del Santissimo Sacramento, di Sant' Antonio da Padova e di San Teodoro d'Amasea, in cui sono tele dei Bianchi di Manduria, Diego Oronzo firma l'Ultima Cena, datata 1715 e del napoletano Filippo Palizzi (1818-99) autore del San Teodoro a cavallo eseguito nel 1840. Le absidi laterali furono occluse dagli altari per i quali furono da Oronzo Tiso (1726-1800) dipinte le due tele rappresentanti la Predicazione di san Leucio ed il Martirio di san Pelino, compiute nel 1771.
L'abside di destra, l'unica di cui sussista la struttura esterna, ha cornicione sostenuto da teste di elefanti scolpite in pietra dura; alla base è tuttavia leggibile la firma dell'architetto costruttore della Cattedrale romanica. La lettura di questa iscrizione è incerta potendosi leggere PETRUS FILIUS GU(ilelm)I DE L(oc)O COM(ens)E oppure PETRUS FILIUS GUI(donis) DE L(oc)O CON(s)E.
Il fonte battesimale, voluto dall'arcivescovo Bernardino de Figueroa (1571-86) è in pietra leccese; la vasca, ornata da quattro cherubini, poggia su un supporto in cui si evidenzia il motivo del delfino, simbolo del Cristo.
Nella sacrestia sono due epigrafi, già all'esterno, sulla porta principale della chiesa, riferibili alla costruzione della cattedrale con memoria dell'arcivescovo Bailardo (1122-43):
COMPOSUIT TEMPLUM/ PRESUL BAILARDUS HONES(T)UM/ AUDIAT IN CELIS/ GAUDE BONE SERVE FIDELIS e del re normanno Ruggero II (1130-54): GLORIA VERA DEI/ T(IBI) SIT REX MAGNE ROGERI/ AUXILIO CUIUS/ TE(M)PLI LABOR EXTITIT HUIUS.
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